I vini del vulcano - Jo-in Tour Operator

I vini del vulcano

Pensando al Piemonte, sicuramente la prima cosa che viene in mente non è un vulcano. Il visitatore, cullato dalle morbide colline, impressionato dalle solenni montagne, perso nelle eleganti architetture, non immaginerebbe mai che la regione sia stata al centro di una delle più violente eruzioni della storia del nostro pianeta. Un’eruzione che risale a quasi trecentomila anni fa ma che ha lasciato un’impronta indelebile nel territorio.

Ma andiamo con ordine.

Duecentonovanta milioni di anni la Terra era occupata da un unico grande continente – la Pangea – ed era caratterizzata da grandi anomalie termiche. Una di queste interessò gran parte di quella che adesso è l’Europa, provocando una fusione parziale del mantello terrestre a profondità che raggiunsero i 25 chilometri. La contemporanea risalita di magma portò, dopo circa 10 milioni di anni, a una violentissima eruzione, che durò pochi giorni; dopodiché la camera magmatica crollò, portando ad una super eruzione con l’emissione di centinaia di chilometri cubi di materiale vulcanico: uno dei più violenti accadimenti geologici conosciuti.

Quando la Pangea iniziò a dividersi, circa 180 milioni di anni or sono, iniziò la deriva dei continenti; proprio questi movimenti portarono altri stravolgimenti, e sessanta milioni di anni fa la collisione tra la placca africana e quella europea, oltre a provocare la formazione delle Alpi, in corrispondenza dell’attuale Valsesia, nella zona nordest del Piemonte, provocò una sorta di ripiegamento della crosta terrestre, facendo affiorare la parti più profonde di quello che viene comunemente chiamato un supervulcano: una sorta di fossile geologico che racconta cosa accadde a sino a 25 chilometri di profondità, un laboratorio a cielo aperto che consente ai geologi di studiare quello che avvenne nel passato e di acquisire conoscenze al fine di studiare gli sviluppi futuri.

Dal 2013 il Geoparco Sesia-Val Grande (www.sesiavalgrandegeopark.it) è sotto la tutela dell’Unesco, dando ancor più rilevanza a un sito che ha pochi simili sul pianeta.

E il vino?

Un territorio così ricco e interessante dal punto di vista geologico lo è anche per l’appassionato di vino: i porfidi di origine vulcanica sono praticamente onnipresenti ma troviamo anche, in una sorta di grande mosaico, graniti, calcari, quarziti, scisti, arenarie, sabbie. L’uva più coltivata è il nebbiolo, vitigno che più di ogni altro sa leggere e interpretare il terroir. Ma non bisogna dimenticare e trascurare due partner di spessore come la croatina e soprattutto la vespolina.

Le denominazioni sono tante: Ghemme, Gattinara, Boca, Fara, Lessona, Sizzano… Ognuna presenta caratteristiche proprie e inconfondibili, con due punti che le accomunano: la spiccata mineralità che è la vera protagonista quando si accosta il calice al naso, e una decisa impronta sapida ma soprattutto acida che rende i vini piacevolmente saporiti e adattissimi agli abbinamenti gastronomici.

Già Camillo Cavour, grande appassionato e conoscitore di vini, a proposito del potenziale enologico della zona così scriveva: “(…) or dunque rimane provato che le colline del Novarese possono gareggiare coi colli della Borgogna, e che a trionfare nella lotta è solo necessario proprietari che diligentino la fabbricazione dei vini e ricchi ed eleganti ghiottoni che ne stabiliscano la riputazione.”

I produttori stanno ritornando a dare lustro a un territorio che dopo le Guerre Mondiali e l’industrializzazione ha visto letteralmente decimata la superficie a vigneto, ma che sta iniziando a imporsi sempre di più all’attenzione del mercato. Il consumatore sta riscoprendo i vini di questo territorio, sia per il costo ancora inferiore ai più blasonati Barolo e Barbaresco, ma soprattutto perché affascinato dalla loro estrema eleganza e grande piacevolezza di beva.

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